Continuano ad arrivare allettanti proposte di lavoro da parte di Paesi vicinissimi all’Italia che, forti dell’esigenza di rafforzare il proprio sistema sanitario per affrontare nuove sfide, puntano dritto, e come dar loro torto, alla professionalità e alla competenza dei nostri infermieri.
Dopo il Ticino, che attira sempre di più colleghi delle province di Como, Lecco e Varese, generando da anni una vera e propria fuga, apprendiamo dal web, e ne stiamo opportunamente approfondendo le informazioni, come abbiamo sempre fatto in passato, che anche dalla Svizzera tedesca arrivano offerte di lavoro dirette al nostro personale sanitario.
In questo caso, naturalmente, si prospetta un vero e proprio cambiamento di vita.
Infatti, anche se città dove la qualità della vita è altissima, come Zurigo, sono geograficamente vicinissime al nostro Paese, non ci sarebbe la possibilità, come accade per il Ticino, di vivere questa esperienza, come nel caso degli infermieri lombardi, in veste di frontalieri.
«La fuga verso l’estero dei nostri migliori professionisti, esordisce Antonio De Palma, Presidente Nazionale del Nursing Up, è un’amara realtà con cui dovremo continuare a fare i conti e che non possiamo ignorare se, come accade, il nostro sistema sanitario si trasforma, per gli infermieri, in una prigione di mediocrità, dove all’ordine del giorno ci sono professionisti insoddisfatti e sottopagati.
Tra turni massacranti e pugni in pieno volto all’interno di pronto soccorsi trasformati in trincee di guerra, gli infermieri sono stanchi di inseguire il sogno di una valorizzazione che rischia di trasformarsi in eterna utopia.
Il nuovo contratto, certo, con quella indennità di specificità per la quale noi da soli, come sindacato, abbiamo lottato nelle piazze italiane portando in alto l’urlo del nostro dissenso e della nostra insoddisfazione, ci ha restituito barlumi di speranza: ma in fondo, essere passati da uno stipendio medio di quasi 1500 euro ad uno di 1700 (secondo i dati 2020 della Ragioneria dello Stato), se si considerano gli straordinari e i premi in esso compresi, alla luce del disastroso aumento del costo della vita, rappresenta davvero una magra consolazione se non addirittura un netto peggioramento, soprattutto per chi parte da uno stipendio base più basso e privo degli stessi straordinari e incentivi.
Attraverso queste offerte di lavoro, continua De Palma, apprendiamo che un infermiere italiano potrebbe arrivare a guadagnare, nella Svizzera tedesca, fino a 7mila franchi svizzeri lordi, con la prospettiva di una assunzione a tempo indeterminato.
Facciamo due conti. Il costo della vita non è certo basso in terra elvetica, per carità, ma un alloggio in città come Lucerna, Berna, Basilea, Baden, Aarau, St. Gallen, può essere più a buon mercato rispetto a Zurigo.
Immaginiamo, quindi, la scelta di vita un giovane infermiere italiano under 40, forte già di una esperienza decennale in Italia, ma tristemente precario: arriverebbe a guadagnare, se ripetiamo, queste prime informazioni che ci giungono fossero confermate, fino a circa 7mila franchi svizzeri lordi al mese, che al netto sarebbero circa 5700 franchi, stiamo parlando di una cifra che al cambio attuale andrebbe oltre i 5800 euro mensili netti al mese!
Ma oltre a tutto questo, godrebbe finalmente di un contatto di assunzione a tempo indeterminato!
Potremmo avere ancora il coraggio di pensare che, tutto questo, per un giovane infermiere, non rappresenti davvero un cambiamento epocale?.
Per quanto possa costare un alloggio in una di queste città appena citate, con le sue spese, quanto rimarrebbe pulito a questo nostro infermiere per vivere dignitosamente?
Possiamo forse negare che potrebbe mettere soldi da parte per il suo futuro?
In Italia con 1700 euro netti, e magari con una famiglia a carico e un affitto e le bollette da pagare, che aspettative puoi avere con i rincari attuali e l’inflazione record?
Non dimentichiamo poi le possibilità di carriera, gli straordinari, e tutto quello che oggi la realtà sanitaria Svizzera offre ad un infermiere, rispetto ad una Italia che, tra turni massacranti e carenza di personale, diventa “una prigione di vetro” da cui voler scappare. I numeri delle fughe all’estero e addirittura delle dimissioni volontarie confortano, ahimè, questa tragica realtà.
Potremmo a questo punto davvero dar torto a chi decide di lasciare il nostro Paese per accettare queste offerte di lavoro?», conclude De Palma.